IL DIARIO DI JEAN CHARLES COINDET

Le vicissitudini di uno studioso “eretico” giunto nel 1817 a San Piero.

Articolo di Ilaria Monti e Federico Pezzotta

Busto Coindet del 1868 esposto nella Biblioteca di Ginevra

La Società Italiana di Scienze Naturali (SISN) ha accolto nelle sue “Memorie” la trascrizione e lo studio di un diario del 1817 scritto dal giovane neolaureato Jean Charles Coindet (Ginevra 1796 – 1876).

Questo interessante manoscritto di trentasei carte ha suscitato l’attenzione di vari studiosi, poiché conserva e rivela diversi aspetti dell’Isola d’Elba (archeologia, botanica, entomologia, mineralogia, caratteristiche culturali ecc.) facendo emergere fra l’altro il profilo di un personaggio che gli esperti di storia della mineralogia elbana non possono non aver incontrato durante i loro studi: la guida e “mineralogista” Giuseppe Lazzerini, detto Cervello Fino.

Coindet, durante tutto il soggiorno all’Elba, molto probabilmente raccoglie campioni di minerali, di flora e forse anche piccoli animali che in seguito donerà al costituendo Museo di Storia Naturale di Ginevra e questo diario costituiva la “traccia” per la sua relazione di viaggio letta al rientro alla Società degli Amatori delle Scienze Naturali di Ginevra.

 

Evidentemente in questa esposizione non ha potuto (e voluto) tacere alcuni aspetti “umani” osservati nella cultura locale dell’epoca, e quando descrive il suo trasferimento da Marciana a San Piero e tutto quanto cattura la sua attenzione (dal caprile che produce un cattivo formaggio, alle tane dei ragni, ai resti di un’antica miniera di rame), non può fare a meno di riferire un episodio accadutogli proprio a San Piero in Campo, dove venne minacciato quasi di morte dal parroco.
Questo prete, grazie al rapporto di conoscenza con Cervello Fino, si era offerto di procurare qualche ristoro a un Coindet stanco e affamato, ma appena si accorse che Coindet era di Ginevra ed aveva quindi una “fede eretica”, iniziò a minacciarlo e a riempirlo di improperi cacciandolo malamente di casa, e così al povero viaggiatore non rimase che scappare di corsa e continuare il suo cammino e le sue osservazioni, le quali, per l’area fra San Piero e Sant’Ilario, furono assolutamente puntuali e pertinenti.

carta dell’Elba del1808 (Thiebaut)

Lungo il viaggio Coindet, scendendo dalle “sommità che si trovano a sinistra della vallata, opposta al villaggio di Poggio di Marciana” (il Monte Perone), raggiunge i paesi di San Piero e San Ilario. Nei dintorni di San Ilario riporta la presenza di “Quarzo Resinite bianco latteo” e di “Magnesia Carbonata” (magnesite). Si tratta di affioramenti di rocce serpentinose profondamente alterate dal metamorfismo di contatto con il monzogranito del Monte Capanne che diverranno oggetto di sfruttamento in forma artigianale nella seconda metà dell’Ottocento e nel Novecento fino ai primi anni dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Nella zona, è di particolare rilievo la citazione di “una quarzite molto bella contenente un gran numero di piccoli cristalli di tormalina e di feldspato romboidale”.

Si tratta senza dubbio di un filone pegmatitico tormalinifero del tipo di quelli che in questa zona dell’Isola (bordo orientale del Monte Capanne comprendente i paesi di San Piero e San Ilario) diverranno celeberrimi a livello internazionale per la presenza di gemme e di straordinari campioni mineralogici soprattutto di tormalina policroma e altre specie mineralogiche, diverse delle quali qui ritrovate per la prima volta al mondo.

Campione rinvenuto a Fonte del Prete geosito vicinissimo al MUM

In realtà le prime scoperte di questi minerali risalgono alla fine del Settecento e la prima documentazione risale a una testimonianza relativa alla raccolta di un esemplare mineralogico nel 1784 da parte di Deodat de Dolomieu.
Negli anni successivi e soprattutto a partire dai primi dell’Ottocento, sempre più campioni con cristalli di feldspati e tormaline policrome entrarono nelle collezioni di vari musei europei a testimoniare una progressiva attività di ricerca.
Nel 1821, proprio Frédéric Jacob Soret, al quale Coindet si affidò per lo studio dei cristalli di Ilvaite e di Ematite raccolti nel viaggio all’Elba, basandosi su un significativo numero di campioni presenti nel Museo di Ginevra e in alcune collezioni private, pubblicò il primo studio dettagliato su campioni con tormaline policrome di provenienza elbana. Si può dire però che la notorietà internazionale di questi ritrovamenti iniziò nel 1825 grazie alla documentazione riportata da Ottaviano Targioni Tozzetti circa la straordinaria collezione assemblata dal Capitano Giovanni Ammannati, frutto di ritrovamenti proprio dei primi mesi di quell’anno.

Oggi appare abbastanza singolare che Cervello Fino, nel guidare Coindet proprio nella zona di San Piero e San Ilario, non abbia posto l’attenzione del suo cliente su questi minerali. Forse la guida, originaria di Longone e quindi ben più esperta del versante Orientale dell’Isola, ancora non era venuta a conoscenza delle scoperte piuttosto sporadiche e delle rare raccolte di questi importanti minerali fatte verso la fine del Settecento e di certo non ancora puntualmente documentate in Italia.
Gli si può imputare forse semplice ignoranza: nel 1817, in un ambiente così periferico, ma pur sempre inserito in un’Europa percorsa dalle campagne napoleoniche, gli studi francesi potevano non essere universalmente noti: ed è significativo il fatto che, nel giugno 1816 a seguito di una minuziosa ricognizione sul luogo delle risorse elbane, Giuseppe Bardi e Filippo Nesti, responsabili delle collezioni dell’Istituto di Studi superiori di Firenze, non riportino alcuna descrizione di questi minerali.
Sarà la circolazione più fluida delle conoscenze non ostacolata da campagne belliche e, come accennato, il citato studio di Targioni Tozzetti del 1825 che consentiranno loro di avere risonanza internazionale.

Il volume delle “Memorie” del SISIN con questo importante documento del 1817 può essere reperito presso il bookshop del museo MUM.